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Michael Jackson, il Dottor Murray si confessa al Mail

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Dopo l'uscita dal carcere, il Dottor Murray rilascia un'intervista al Mail in cui ha parlato di se stesso e del suo rapporto con Michael Jackson e di cosa è successo nelle ore che hanno preceduto la morte della star americana. 

di Francesco Raiola: 

Michael Jackson non credeva più a nessuno, non si fidava di nessuno al punto da non lasciare neanche che la domestica gli pulisse la stanza, per paura che potesse rubargli qualcosa, ma lasciando la sua camera da letto in condizioni pessime, racconta il dottore, che per molto tempo è stata l'unica persona che ha avuto accesso alla vita privata del cantante: "Quanto eravamo intimi? Beh, tenevo il suo pene tra le mani ogni sera per fissargli il catetere a causa della sua incontinenza" ha detto Murray per rendere l'idea. Sempre al Mail racconta gli ultimi istanti della vita del cantante negando che le cose siano andate come ha sostenuto l'accusa, ovvero che abbia lasciato il cantante al propofol prima di abbandonare la stanza. Anzi, lui era completamente contro l'idea di dargli l'anestetico, ma quando aveva cominciato a curarlo, MJ lo utilizzava in forti dosi per dormire - la mancanza di sonno era uno dei problemi maggiori della popstar - e toglierglielo improvvisamente era impossibile: "Michael non era uno a cui potevi dire 'no'" e così aveva deciso di ridurgli man mano le dosi, consapevole, tra l'altro, che il propofol non era l'unico dei suoi problemi. Quella sera, intanto, gliene aveva prescritti 25mg, ovvero una dose minuscola che sarebbe scomparso dal suo corpo in 10 minuti, restando seduto sul letto del cantante per almeno un'ora e mezza, ovvero il tempo che servì a MJ per addormentarsi. 

Quando lasciò la stanza del cantante, continua, aveva un battito del cuore normale e i segni vitali erano buoni. Cosa successe, allora, dopo che se ne andò? "Credo che si sia svegliato, abbia preso la sua dose di propofol e se la sia iniettata, ma l'avrebbe fatto troppo velocemente, andando in crisi cardiaca. Quando sono tornato nella stanza ho visto subito che non respirava, ma non sono andato in panico. Ho tastato l'inguine e la carotide ma non c'era battito e così ho cercato di rianimarlo. Ho resuscitato migliaia di persone. Era un mio amico, certo, ma mi sono attenuto allo standard medico". Insomma Murray nega di aver abbandonato il cantante e rigetta al mittente le accuse di chi sosteneva che non si sarebbe comportato secondo gli standard, cercando di rianimare MJ sul letto, invece che a terra: "Sono un cardiologo di professione, è ciò che faccio nella vita". A quel punto, rendendosi conto che la situazione era gravissima, ma non ancora definitiva, avrebbe chiamato aiuto e sarebbe andato con l'amico in ospedale dove neanche l'elettrostimolazione avrebbe dato i suoi frutti. E così il cantante fu dichiarato morto alle 14.26 e lui fu il primo a dare la notizia ai figli. (Fonte)





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