Anna Maria Franzoni, condannata a 16 anni di reclusione per l'omicidio del figlio Samuele Lorenzi avvenuto nel 2002 a Cogne, ha trascorso cinque giorni a casa. La donna, che ha usufruito di un permesso, è stata vista a Santa Cristina di Ripoli, paese sull'Appennino bolognese dove vive la famiglia, fare la spesa con il marito e uno dei due figli. Da ottobre la Franzoni era stata ammessa al lavoro esterno dal carcere di Bologna.
Alla Franzoni il magistrato di Sorveglianza ha concesso un permesso premio. Si tratta di quei permessi regolati dall'articolo 30 ter dell'ordinamento penitenziario, che consente ai detenuti di coltivare interessi affettivi, culturali e di lavoro. La decisione è stata presa sulla base della relazione del Gruppo di osservazione e trattamento (Got) che fa una sorta di "diagnosi" sul detenuto. Il suo caso non sarebbe diverso da quello di altri reclusi.
Il lavoro presso una coop - Il permesso premio, a quanto risulta il primo da quando la donna è stata arrestata, è arrivato a poco più di un mese dalla decisione di ammetterla al lavoro esterno, in una coop della parrocchia di Sant'Antonio da Padova, dove dal 7 ottobre collabora al laboratorio di sartoria aperto nella sezione femminile del carcere bolognese. In più di una occasione, nel 2011 e nel 2012, la Franzoni aveva già chiesto permessi premio per stare vicina ai familiari, ma le richieste erano sempre state negate, come anche quella di poter scontare agli arresti domiciliari il residuo della pena, per assistere i figli. I rifiuti erano motivati dalla gravità del reato commesso e dalle regole dell'ordinamento penitenziario per i detenuti pericolosi (come chi viene condannato per mafia e terrorismo), che devono aspettare di aver scontato in carcere almeno metà della pena prima di potere usufruire di permessi. Ad Anna Maria Franzoni era stato concesso in passato solo un permesso, il 31 agosto 2010, per consentirle di essere presente al funerale del suocero, Mario Lorenzi, che le era stato a lungo vicino nella sua battaglia giudiziaria, e a cui era particolarmente legata.
Nei prossimi mesi, invece, il tribunale di Sorveglianza di Bologna dovrà nuovamente pronunciarsi sulla richiesta di detenzione domiciliare, per assistere uno dei figli, richiesta che la difesa aveva già avanzato l'anno scorso ma a cui la Sorveglianza bolognese aveva detto no. Poi, però, a giugno la Prima Sezione della Cassazione ha accolto per una questione procedurale il ricorso contro l'ordinanza del Presidente del Tribunale di Sorveglianza. Fonte
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