Le ricerche delle persone che ancora si trovano in mare vanno avanti solo con gli aerei e gli elicotteri: il maltempo sta impedendo infatti ai sommozzatori di immergersi nel punto in cui è affondato il peschereccio di immigrati.
Nel mare di Lampedusa potrebbero esserci ancora duecento cadaveri da recuperare. A dirlo sono i sopravvissuti del tragico naufragio di due giorni fa sull’isola che al momento ha causato la morte di 111 persone, quasi metà delle quali erano donne. decine di corpi ancora si trovano nel barcone affondato che giace a 47 metri di profondità, a un miglio e mezzo di distanza da Cala Croce, dagli scogli di Lampedusa. Ieri il maltempo ha costretto i sommozzatori a sospendere le ricerche che sono tuttora ferme. Il forte vento di scirocco e il mare forza 4 stanno impedendo infatti ai sub di immergersi nel punto in cui è affondato il barcone. Al momento, dunque, le ricerche vanno avanti solo con gli aerei e gli elicotteri della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza. I mezzi si alternano in volo per controllare lo specchio di mare nel punto in cui il barcone è naufragato.
I più poveri nella pancia dell’imbarcazione - E nei giorni successivi alla tragedia altri dettagli su questi viaggi della morte arrivano direttamente da chi ce l’ha fatta, da chi è riuscito a raggiungere le coste di Lampedusa. Quei sopravvissuti che dicono, ad esempio, che i disperati non sono tutti uguali. Nella pancia della imbarcazione c’era chi aveva pagato di meno al capo degli scafisti, quello che si faceva chiamare “The Doctor”. Per quanto riguarda la posizione dello scafista, il 35enne tunisino individuato nelle ore successive al naufragio, risulta indagato ma non fermato. Davanti al procuratore aggiunto Ignazio Fonzo, assistito da un avvocato d'ufficio, e con la collaborazione di un interprete arabo, il sospettato è stato interrogato venerdì. Il tunisino ha deciso non avvalersi della facoltà di non rispondere, e di dare invece la sua versione dei fatti. Per l'accusa, che lo indaga per naufragio e omicidio plurimo, c'è il fondato sospetto che sia uno degli scafisti. Si attende comunque la conferma da parte dei testimoni sopravvissuti al naufragio.
I racconti dei pescatori sui soccorsi: “Basta infangarci” - Non si ferma neppure la polemica relativa a un ritardo nei soccorsi: il procuratore aggiunto di Agrigento Ignazio Fonzo ha affermato di non indagare su presunti ritardi in quanto non ci sono riscontri in merito. Ma sono gli stessi pescatori dell’isola che non vogliono essere infangati: “La smettano di infangarci. Noi la gente l’abbiamo salvata. Io 47, un altro peschereccio una ventina e un altro a 15. Si fa presto ad arrivare a 155. Si chiedano gli altri quanti ne hanno salvati”, così Vito Fiorino, armatore di un motopesca che ha attaccato la Guardia costiera e i finanzieri. “Basta dire che li hanno salvati tutti loro, o che noi facciamo polemica: dicano almeno che li abbiamo salvati insieme e pensino meno ai protocolli”, ha affermato riferendosi anche alle parole del sindaco Nicolini: per lui non è vero che tre pescherecci avrebbero finto di non vedere i migranti. È falso, afferma Fiorino: “Quei migranti hanno detto quella cosa o gliel'hanno fatta dire? Tutti hanno visto che salvavamo profughi ed è provabile. Si pensi a provare le omissioni di altri”. ( Fanpage )
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